giovedì 4 luglio 2013

2013 Da Zadar a Kérkyra – 8a parte



1 - 2 luglio, lunedì e martedì - Othonì e dintorni.

Sistemata Experience al nuovo pontile, la notte passa tranquilla e senza sballottamenti. Il capitano e il suo secondo sono impicciati in alcuni lavoretti di manutenzione, io ho buone possibilità di sbarcare e fare quello che mi pare. Othonì, un’isoletta a nord ovest di Corfù lambita nella navigazione dell’anno scorso, continua a frullarmi nella testa e non riesco a capire da dove parte il traghetto per raggiungerla. Su una guida si parla di Sidari, centro sulla costa nord occidentale di Corfù, e allora perchè non andare a darci un’occhiata? Addirittura in moto, visto che oggi è a disposizione dell’equipaggio (grazie, Califfo!).

Sidari e la sua costa
Bella la giornata di sole, bello il paesaggio che sembra un ibrido tra il Cilento e la Toscana. L’interno conserva le connotazioni di un paesaggio rurale, diversa la musica sulla fascia costiera con una massiccia presenza di strutture ricettive con qualche esagerazione di troppo. Sidari è l’esempio calzante di quanto detto: si è costruito anche a strapiombo sul mare con alberghi e piscine a 50 metri dal bagnasciuga.


 Comunque di battelli nemmeno l’ombra, il porto si è insabbiato e il traghetto rimasto serve solo un’altra isoletta, Erikoussa, come mi viene indicato in agenzia dal raffinato Philip. Non mi arrendo e mi dirigo verso un’altra zona che potrebbe avere uno scalo portuale adatto. Per questo mi sposto più a ovest, verso la baia di Agios Stephanos. Attraverso paesini formati da poche case e distese di uliveti.
La baia di Agios Sthephanos
La baia verso ovest con le isole Diapontia all'orizzonte
La baia mi si presenta all’improvviso in tutta la sua bellezza: è larghissima, sabbiosa, con fondali bassi, adatta alle famiglie ed alle due estremità presenta modesti rilievi montuosi. Anche qui di porto e traghetto nemmeno a parlarne. È ormai pomeriggio e così decido di rientrare a Gouvia ma prima di rinunciare definitivamente decido per un ultimo tentativo, andare al porto di Corfù e chiedere in capitaneria: almeno loro ne sapranno qualcosa.


È così che riesco a ottenere finalmente l’informazione desiderata, il traghetto c’è, è l’Alexandros e parte l’indomani mattina alle 6:30 non lontano dallo stesso ufficio dove mi trovo. Othonì preparati che sto per arrivare! Il capitano, messo al corrente della mia intenzione di andare a Otonì, decide di darmi uno strappo fino al porto con la moto. L’anziana motonave Alexandros è già pronta per la partenza quando io arrivo. Imbarca di tutto: dal vino al ferro, dalle piante ornamentali e persino una capra impaurita e legata ad una bitta di ormeggio. Ovviamente anche una trentina di passeggeri che si accomodano sul ponte sparsi sulle file di poltroncine rosse ancora bagnate dalla brina notturna. Fa freddo e rimpiango di non aver messo il mio jeans.

Poltroncine in coperta
La nave effettua tutti e tre gli scali previsti presso le isole Diapontia che dipendono quasi esclusivamente da questo collegamento nemmeno giornaliero. Le prime due, Matriaki e Erikoussa, sono poco abitate e lo dimostra la grandezza del molo di attracco. Un poco più grande è quello di Othonì, inserito in una bella baia dove di solito sostano alla fonda le barche provenienti dall’Italia, specie dalla Puglia.
Sbarco a Erikoussa con caprone in attesa ( a sx.)
Dopo aver assistito ai due concitati sbarchi e imbarchi alle isole precedenti (la capra scende a Erikouossa, ad attenderla un vecchio pastore accompagnato da un esuberante caprone che senza nemmeno dire “Kalimera” saluta subito la nuova arrivata a suon di cornate: se il buongiorno si vede dal mattino…)  arrivo finalmente a Othonì alle 11:30.

Trasparenze nel porto di Othonì
L’isola non è certo un posto adatto per la vita mondana, ma offre spettacolari spiagge grazie al tipo di sabbia di cui sono composte e numerosi sentieri per lunghe passeggiate tra alberi e casette di montagna. Da non trascurare l’offerta di alloggi e taverne. In comune le tre isolette mettono a disposizione dei visitatori un’acqua veramente cristallina. Il paradosso è che Othonì è l’isola più vicina all’Italia (solo 45 M.N. da Otranto) ma è la più difficile da raggiungere. Da Bari a Igoumenitza con la nave, poi a Corfù con il traghetto e infine con l’Alexander tre volte a settimana , se il tempo è buono, altrimenti “nisba”.

L'Alexsander attracca ad Othonì
Cinque minuti dopo sono seduto al bar del paesino con un italiano di Otranto, un greco che parla bene italiano e il corpulento pope del paese che dopo pochi minuti si incavola perché sente parlare troppo in italiano e cambia tavolo. Mi sistemo in alloggio e il pomeriggio passa in fretta. È ormai sera, mi siedo sul mio terrazzino che affaccia sul mare e mi godo il cielo stellato. La baia calma è illuminata solo dalle luci di fonda delle barche alla fonda. Decido di fumarmi una sigaretta anche se sono un non fumatore. Resto così nel silenzio a contare le tante stelle e le persone che passano nella stradina sottostante. Arrivo a tre, senza tralasciare un cane e due gatti.


  3 luglio, mercoledì - Un sentiero per il paradiso

Massimo e la Locanda dei sogni
Massimo è il titolare della “Locanda dei sogni” dove ieri ho cenato, e tra un secondo e un contorno, sollecitato da una mia precisa domanda a riguardo, mi parla dei diversi sentieri che si possono percorrere sull’isola.
Negli ultimi tempi tra me e la mia memoria i rapporti si sono alquanto complicati, perciò inizio il mio sentiero avendo a mente le prime due indicazioni, nutrendo qualche dubbio sulla terza e conservando solo vaghe tracce  delle successive.
Parto in quarta con le mie scarpe da trekking mai comprate, avendo infatti ai piedi i miei infradito che tra loro parlano cinese stretto.
L'inizio del sentiero

Ovviamente, il coltellino multiuso molto utile in queste occasioni l’ho lasciato in borsa in camera. Con me ho solo lo zainetto di plastica, quello che si mette legato alle spalle dai due laccetti, con dentro un asciugamano, una bottiglina di acqua e qualche cosa da mangiare comprata in una bottega come quelle di un tempo. Fortunatamente ho con me il mio cellulare che userò come fotocamera, avendo la batteria di quella ufficiale deciso di entrare in sciopero da quando sono sbarcato. È superfluo chiedere  dove sia il suo carica batterie. Diciamo che ha preferito restare a Corfù.  

Inizio il sentiero dopo i due tornanti della carrozzabile come da istruzioni, poi è un susseguirsi di viottoli in terra battuta in alcuni casi lastricati da pietre. Penso alla fatica bestiale che  è occorsa per fare un lavoro simile. Affronto qualche passaggio pericoloso a causa di una frana che si è mangiata parte del camminamento. Certo è che se mi succede un incidente sono messo proprio male. Sono solo, non c’è nessuno nei paraggi salvo qualche farfalla che mi tiene compagnia. La stradina sale e il caldo si fa sentire.

Sentiero franato
Qualche titubanza su uno degli ultimi bivi da scegliere, destra o sinistra, vado a istinto e mi va bene, così riaggancio la carrozzabile e alzando lo sguardo vedo la punta del campanile che svetta dalla cima degli alberi. Mi ricordo dell’indicazione di Massimo: “ Vedi che c’è una chiesetta con intorno un terrazzo da cui si gode di una vista incredibile.” Ci arrivo facilmente. Tutto vero, come testimoniano le foto. Come premio per la meta raggiunta mi concedo un riposino dopo una camminata di un’ora e trenta fatta quasi tutta d’un fiato e consumo la mia frugale merenda a base di pane fresco e olive nere greche in salamoia.


Dal sentiero, sullo sfondo la costa nord di Corfù
 Dall’alto mi godo il paesaggio stupendo che si concede a tutto tondo. La vista spazia dalla costa albanese a quella settentrionale dell’isola di Corfù. Più vicine, quasi si toccano le due isole di Matriaki e di Erikoussa. Verso ovest, ma non visibile per la distanza che ci separa, c’è la costa leccese di Leuca e di Otranto.

Il cimitero di Othonì con la sua chiesa e il campanile
Il posto mi ispira, c’è una sedia, un appoggio discreto e penso di buttare giù qualche appunto per il blog, per il piacere di farlo e di poterlo poi condividere con chi ci leggerà. È così che mi metto a scrivere queste noterelle, c’è un silenzio totale, solo un leggero vento smuove le foglie degli alberi, che si carezzano tra di loro. Davanti a me le croci in pietra del piccolo cimitero semplici come il pane e le olive che ho mangiato, semplici sicuramente come saranno state le vostre vite su quest’isola spese a raccogliere olive e a lastricare di pietre le mulattiere che dal monte portano al mare.
 E mi chiedo: “Se non si è aperto a Voi il Paradiso, chissà mai a chi si aprirà. Di certo ci siete molto vicino su questa irta terrazza, tra pietre e ulivi ben familiari e che ancora vegliano intorno a Voi”.
La veglia degli ulivi
                                           

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