1 - 2 luglio, lunedì e martedì -
Othonì e dintorni.
Sistemata Experience al nuovo
pontile, la notte passa tranquilla e senza sballottamenti. Il capitano e il suo
secondo sono impicciati in alcuni lavoretti di manutenzione, io ho buone
possibilità di sbarcare e fare quello che mi pare. Othonì, un’isoletta a nord
ovest di Corfù lambita nella navigazione dell’anno scorso, continua a frullarmi
nella testa e non riesco a capire da dove parte il traghetto per raggiungerla.
Su una guida si parla di Sidari, centro sulla costa nord occidentale di Corfù,
e allora perchè non andare a darci un’occhiata? Addirittura in moto, visto che
oggi è a disposizione dell’equipaggio (grazie, Califfo!).
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Sidari e la sua costa |
Bella la giornata di sole, bello
il paesaggio che sembra un ibrido tra il Cilento e la Toscana. L’interno
conserva le connotazioni di un paesaggio rurale, diversa la musica sulla fascia
costiera con una massiccia presenza di strutture ricettive con qualche
esagerazione di troppo. Sidari è l’esempio calzante di quanto detto: si è
costruito anche a strapiombo sul mare con alberghi e piscine a 50 metri dal bagnasciuga.
Comunque di battelli nemmeno l’ombra, il porto si è insabbiato e il traghetto
rimasto serve solo un’altra isoletta, Erikoussa, come mi viene indicato in agenzia dal
raffinato Philip. Non mi arrendo e mi dirigo verso un’altra zona che potrebbe
avere uno scalo portuale adatto. Per questo mi sposto più a ovest, verso la
baia di Agios Stephanos. Attraverso paesini formati da poche case e distese di
uliveti.
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La baia di Agios Sthephanos |
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La baia verso ovest con le isole Diapontia all'orizzonte |
La baia mi si presenta all’improvviso
in tutta la sua bellezza: è larghissima, sabbiosa, con fondali bassi, adatta alle
famiglie ed alle due estremità presenta modesti rilievi montuosi. Anche qui di
porto e traghetto nemmeno a parlarne. È ormai pomeriggio e così decido di
rientrare a Gouvia ma prima di rinunciare definitivamente decido per un ultimo
tentativo, andare al porto di Corfù e chiedere in capitaneria: almeno loro ne sapranno
qualcosa.
È così che riesco a ottenere finalmente l’informazione desiderata, il
traghetto c’è, è l’Alexandros e parte l’indomani mattina alle 6:30 non lontano
dallo stesso ufficio dove mi trovo. Othonì preparati che sto per arrivare! Il
capitano, messo al corrente della mia intenzione di andare a Otonì, decide di
darmi uno strappo fino al porto con la moto. L’anziana motonave Alexandros è
già pronta per la partenza quando io arrivo. Imbarca di tutto: dal vino al ferro,
dalle piante ornamentali e persino una capra impaurita
e legata ad una bitta di ormeggio. Ovviamente
anche una trentina di passeggeri che si accomodano sul ponte sparsi sulle file
di poltroncine rosse ancora bagnate dalla brina notturna. Fa freddo e rimpiango
di non aver messo il mio jeans.
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Poltroncine in coperta |
La nave effettua tutti e tre gli scali
previsti presso le isole Diapontia che dipendono quasi esclusivamente da questo
collegamento nemmeno giornaliero. Le prime due, Matriaki e Erikoussa, sono poco
abitate e lo dimostra la grandezza del molo di attracco. Un poco più grande è quello
di Othonì, inserito in una bella baia dove di solito sostano alla fonda le
barche provenienti dall’Italia, specie dalla Puglia.
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Sbarco a Erikoussa con caprone in attesa ( a sx.) |
Dopo aver assistito ai due concitati sbarchi e imbarchi alle isole precedenti (la capra scende a Erikouossa, ad attenderla un vecchio pastore accompagnato da un esuberante caprone che senza nemmeno dire “Kalimera” saluta subito la nuova arrivata a suon di cornate: se il buongiorno si vede dal mattino…) arrivo finalmente a Othonì alle 11:30.
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Trasparenze nel porto di Othonì |
L’isola non è certo un
posto adatto per la vita mondana, ma offre spettacolari spiagge grazie al tipo di
sabbia di cui sono composte e numerosi sentieri per lunghe passeggiate tra alberi
e casette di montagna. Da non trascurare l’offerta di alloggi e taverne. In
comune le tre isolette mettono a disposizione dei visitatori un’acqua veramente
cristallina. Il paradosso è che Othonì è l’isola più vicina all’Italia (solo 45 M.N. da Otranto) ma è la
più difficile da raggiungere. Da Bari a Igoumenitza con la nave, poi a Corfù
con il traghetto e infine con l’Alexander tre volte a settimana , se il tempo è
buono, altrimenti “nisba”.
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L'Alexsander attracca ad Othonì |
Cinque minuti dopo sono seduto al
bar del paesino con un italiano di Otranto, un greco che parla bene italiano e
il corpulento pope del paese che dopo pochi minuti si incavola perché sente
parlare troppo in italiano e cambia tavolo. Mi sistemo in alloggio e il
pomeriggio passa in fretta. È ormai sera, mi siedo sul mio terrazzino che
affaccia sul mare e mi godo il cielo stellato. La baia calma è illuminata solo
dalle luci di fonda delle barche alla fonda. Decido di fumarmi una sigaretta
anche se sono un non fumatore. Resto così nel silenzio a contare le tante stelle e le persone che
passano nella stradina sottostante. Arrivo a tre, senza tralasciare un cane e
due gatti.
3 luglio, mercoledì - Un sentiero
per il paradiso
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Massimo e la Locanda dei sogni |
Massimo è il titolare della “Locanda
dei sogni” dove ieri ho cenato, e tra un secondo e un contorno, sollecitato da
una mia precisa domanda a riguardo, mi parla dei diversi sentieri che si
possono
percorrere sull’isola.
Negli ultimi tempi tra me e la
mia memoria i rapporti si sono alquanto complicati, perciò inizio il mio
sentiero avendo a mente le prime due indicazioni, nutrendo qualche dubbio sulla
terza e conservando solo vaghe tracce delle
successive.
Parto in quarta con le mie scarpe
da trekking mai comprate, avendo infatti ai piedi i miei infradito che tra loro
parlano cinese stretto.
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L'inizio del sentiero |
Ovviamente, il coltellino
multiuso molto utile in queste occasioni l’ho lasciato in borsa in camera. Con
me ho solo lo zainetto di plastica, quello che si mette legato alle spalle dai
due laccetti, con dentro un asciugamano, una bottiglina di acqua e qualche cosa
da mangiare comprata in una bottega come quelle di un tempo. Fortunatamente ho con me il
mio cellulare che userò come fotocamera, avendo la batteria di quella ufficiale
deciso di entrare in sciopero da quando sono sbarcato. È superfluo
chiedere
dove sia il suo carica
batterie. Diciamo che ha preferito restare a Corfù.
Inizio il sentiero dopo i due tornanti della carrozzabile come da istruzioni, poi è un susseguirsi di viottoli in terra
battuta in alcuni casi lastricati da pietre. Penso alla fatica bestiale
che
è occorsa per fare un lavoro simile.
Affronto qualche passaggio pericoloso a causa di una frana che si è mangiata
parte del camminamento. Certo è che se mi succede un incidente sono messo proprio
male. Sono solo, non c’è nessuno nei paraggi salvo qualche farfalla che mi
tiene compagnia. La stradina sale e il caldo si fa sentire.
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Sentiero franato |
Qualche titubanza su uno degli
ultimi bivi da scegliere, destra o sinistra, vado a istinto e mi va bene, così
riaggancio la carrozzabile e alzando lo sguardo vedo la punta del campanile che
svetta dalla cima degli alberi. Mi ricordo dell’indicazione di Massimo: “ Vedi
che c’è una chiesetta con intorno un terrazzo da cui si gode di una vista
incredibile.” Ci arrivo facilmente. Tutto vero, come testimoniano le foto. Come
premio per la meta raggiunta mi concedo un riposino dopo una camminata di un’ora
e trenta fatta quasi tutta d’un fiato e consumo la mia frugale merenda a base
di pane fresco e olive nere greche in salamoia.
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Dal sentiero, sullo sfondo la costa nord di Corfù |
Dall’alto mi godo il paesaggio
stupendo che si concede a tutto tondo. La vista spazia dalla costa albanese a
quella settentrionale dell’isola di Corfù. Più vicine, quasi si toccano le due
isole di Matriaki e di Erikoussa. Verso ovest, ma non visibile per la distanza
che ci separa, c’è la costa leccese di Leuca e di Otranto.
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Il cimitero di Othonì con la sua chiesa e il campanile |
Il posto mi ispira, c’è una sedia,
un appoggio discreto e penso di buttare giù qualche appunto per il blog, per il
piacere di farlo e di poterlo poi condividere con chi ci leggerà. È così che mi
metto a scrivere queste noterelle, c’è un silenzio totale, solo un leggero vento
smuove le foglie degli alberi, che si carezzano tra di loro. Davanti a me le
croci in pietra del piccolo cimitero semplici come il pane e le olive che ho
mangiato, semplici sicuramente come saranno state le vostre vite su quest’isola
spese a raccogliere olive e a lastricare di pietre le mulattiere che dal monte
portano al mare.
E mi chiedo: “Se non si è aperto a Voi il Paradiso, chissà mai
a chi si aprirà. Di certo ci siete molto vicino su questa irta terrazza, tra
pietre e ulivi ben familiari e che ancora vegliano intorno a Voi”.
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La veglia degli ulivi |
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