mercoledì 26 giugno 2013

2013 Da Zadar a Kérkyra – 6a parte



20 giugno, giovedì – Budva Russian
Ci prepariamo per il trasferimento di circa 30 miglia che ci farà approdare a Budva, secondo scalo in terra montenegrina. Sfiliamo lungo la costa disegnata dal profilo delle alte montagne che sfiorano i 1700 metri.


In vista di Budva
 Budva è una splendida baia sabbiosa e per questo molto apprezzata dai bagnanti che numerosi vi convengono. Al centro della baia, un po’ sulla destra, c’è un grosso isolotto con alcune belle spiagge dedicato a San Nicola. Sulla sinistra, su un basso sperone roccioso si erge il piccolo centro fortificato da mura di cinta, al cui interno è l’antico nucleo di Budva. Poche stradine lastricate di pietra chiara, che si intrecciano come la trama di un cesto di vimini, affacciate alle quali tante piccole botteghe che propongono ognuna la propria mercanzia al folto popolo di turisti. Inoltre una fortezza costruita nell’ottocento e chiamata Cittadella, un duomo medioevale, un museo archeologico, e alcune tracce bene in vista di mura di epoca antica creano armoniosamente un interessante contesto urbano.

Le viuzze di Budva di notte
All’esterno della cinta difensiva la nuova città che anche qui, sfruttando spazi più ampi, ha sempre lo stesso obiettivo, l’offerta turistica rivolta prevalentemente ai russi, seguiti a notevole distanza da tedeschi e inglesi. Quello che ci ha colpito profondamente è la vivacità della vita notturna: distese continue di sedie, tavolini e ombrelloni, davanti a bar e ristoranti dove è quasi impossibile trovare posto a sedere, e per lo più tutti presidiati da sventolone di ragazze molto appariscenti a far da richiamo. Come sottofondo, musica da discoteca pompata generosamente da batterie di casse amplificate.
Budva night fever
All"esterno delle mura
Difficile restare indifferenti a tutto questo, anche perché le armi improprie di seduzione delle ragazze erano zeppe calibro 12 centimetri, minigonne o leggings appena accennati, busti eretti ed ubertosi, il tutto esibito con calcolata ostentazione. E soprattutto tutte filiformi e slanciate – trovarne una fuori standard è stata una mission impossible. Per evitare un altro Generale Inverno Russo, di fronte a questo corpo d’armata sovietico così schierato, abbiamo optato per una ritirata strategica. Ma prendere sonno in barca è stato poi alquanto difficile.

21 - 22 giugno, venerdì e sabato – Sailing to Kérkyra
Sono le cinque del mattino quando il califfo ci tira giù dai sogni: “Mannaggia a te!” gli dico, “Stavo amichevolmente parlando e senza problemi di lingua con una delle ragazze russe di ieri sera”.
L’ordine è perentorio, mollare gli ormeggi subito e scalo tecnico presso la dogana e la capitaneria di Bar, a circa 15 miglia, e salutare definitivamente il Montenegro. “Che peccato!”
Il piano di navigazione è di tenersi a circa 12 miglia dalla costa albanese per poi puntare sulla costa nord orientale di Corfù. Un salto di 170 miglia nautiche, circa 314 chilometri, il che significa partire all’alba come abbiamo fatto, ma soprattutto godersi un bel tramonto del sole nelle acque dello Ionio e il sorgere della luna piena dalla costa albanese. In mezzo a tanta bellezza Mauro smette gli abiti di cyberman e indossa quelli dell’appassionato giovanotto colpito dal virus della fotografia. Tira fuori la sua digitale iper tecnologica e inizia a scattare a raffica.

Mauro photo maker

Quanto mi rivedo in lui, la stessa meravigliosa malattia presa tanti anni fa. Primo lavoro, primo stipendio speso quasi per intero per la mia prima reflex, una Canon FTB. Ricordo la prima sera passata insieme, nella mia stanza. Finalmente dopo un lungo corteggiamento potevo tenerla stretta tra le mie mani: e fu subito amore, di quello serio, che dura ormai da oltre quarant’anni. 


 “Ma che c..zo fai?” mi urla Italo nelle orecchie, “Sei fuori rotta, non lo vedi?”, e io “Ok, scusa, mi ero distratto un attimo!”
Per la notte organizziamo i turni di guardia con lo scopo di evitare le navi traghetto e da crociera dirette o provenienti quasi tutte da Corfù o Igoumenitsa, importante scalo della Grecia continentale. Il primo turno fino alle due della notte tocca a Barbara, Sandro e Mauro, a cui diamo il cambio con puntualità il califfo ed io. Intanto si mette un bel vento sui venti nodi da nord est che ci gonfia la vela di prua facendoci avanzare senza troppi problemi sul mare ormai formato, ma rischiarato dalla luce della luna piena. Fa freddo e bisogna coprirsi adeguatamente. Ma anche così “lo veleggiar m’è dolce in questo mar”. Incrociamo una diecina di traghetti che, quando spuntano all’orizzonte, appaiono come un solo punto luminoso che si fa sempre più grande, mentre cerchiamo di capirne la direzione. Fino a quando ti passa vicino, rivelandosi per quello che è realmente: un palazzo galleggiante lungo 100/150 metri, alto come un edificio di sette, otto piani, per capire la differenza di volume che passa tra di noi, basta guardare la loro più piccola scialuppa di salvataggio. Ebbene: quella siamo noi. Intanto si è fatto chiaro e sulla nostra destra ci appare l’isola di Otoni: è quella di un gruppo di tre isole situato più a nord di Corfù e della Grecia, nonché la più vicina all’Italia.
Welcome in Greece
 Ci avverte in pratica che tra qualche ora entreremo nel porticciolo di Kassiopì, per trascorrere un giorno di meritato riposo.
Ahimé si torna a casa...
Fanno eccezione il califfo ed il suo fido scudiero, già pronti per ripartire con bus fino a Corfù, poi un primo traghetto fino a Igoumenitsa, e poi il traghetto per Bari, seguito da treno o bus per Napoli, dove una amorevole vettura li riporterà, distrutti, nella natia Pompei….Accidenti! Ora capisco perché durante la notte di guardia passata insieme mi ha chiesto continuamente. “Che ora è?” tanto che gli ho raccontato la battuta dei due carcerati: il primo chiede ripetutamente al compagno di cella: “Che ora è? Che ora è?” Il secondo, laconicamente gli risponde “Rassegnati, tanto ti hanno dato l’ergastolo!”. 
Attracchiamo nel porticciolo di Kassiopì alle 11,00; Experience è ormeggiata tranquillamente e con la prua sorridente sembra dire: “Ben ritrovata Grecia!”.


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